Dalla piazza (XX settembre in questo caso, vicino alla stazione di Bologna), la querelle si sposta negli uffici della Prefettura e in quelli del Comune di Bologna. Perché il “sabato nero” di Bologna, con due opposte manifestazioni (una autorizzata di CasaPound e Rete dei Patrioti), l’altra (non autorizzata di Centri sociali e Anarchici) risoltasi col ferimento di poliziotti circondati ed il pestaggio a sangue di un passante sotto i portici, non ha lasciato solo inevitabili strascichi politici tra destra e sinistra ma anche una frattura istituzionale tra Prefettura-Questura e Comune di Bologna.

Il sindaco Matteo Lepore infatti, dopo che la Premier Meloni ed il Ministro Salvini avevano parlato di “una certa sinistra che legittima la violenza), ha rivelato come durante il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubbliche si sarebbe optato non tanto per concedere alle destre radicali la simbolica piazza nei pressi della stazione 2 agosto. Bensì un’altra location. E come invece la “pratica” sarebbe stata sbloccata, a favore di piazza XX settembre, dopo una telefonata da Roma. In sostanza, ha tuonato il primo cittadino bolognese, “ci hanno mandato da Roma 300 camicie nere”, come provocazione.

Tesi del tutto smentita da Palazzo Caprara, sede della Prefettura, che precisa invece come si sarebbe convenuto di concedere la zona vicino alla stazione (spesso teatro di fattacci di cronaca nera) con limitazioni però di movimento da parte degli stessi organizzatori di destra. Ma dal Comune insistono di avere in man o i verbali. E l’atmosfera, a pochi giorni dalle regionali, si fa rovente.