“Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”.

E’ una delle conclusioni a cui arriva la Corte di assise di Bologna nella sentenza del processo a Paolo Bellini per l’attentato del 2 agosto 1980, dove si parla anche di mandanti e finanziatori e del ruolo della P2. 

“All’esito dell’istruttoria, si deve ritenere raggiunta la prova che Paolo Bellini fece parte del commando che eseguì materialmente la strage del 2 agosto 1980, con mansioni esecutive e di raccordo con gli altri concorrenti”.

Così la Corte di assise di Bologna, presieduta dal giudice Francesco Caruso, nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per Bellini per la strage del 2 agosto 1980, in ipotesi commessa in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti.

“Emerge il tradimento alla democrazia, alle sue istituzioni e ai cittadini della Repubblica operato da vertici delle istituzioni e della politica che non si è mai identificata nei valori della Costituzione nata dalla Resistenza”. E’ il commento degli avvocati di parte civile, rappresentanti dei parenti delle vittime della Strage di Bologna, alla sentenza depositata dalla Corte di assise che motiva l’ergastolo a Paolo Bellini e le condanne a Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia. L’indagine sui mandanti nacque proprio da un esposto dell’associazione dei familiari. Gli avvocati Andrea Speranzoni, Lisa Baravelli, Alessandro Forti e Alessia Merluzzi oggi dedicano la motivazione a tutti i parenti delle vittime, “all’associazione 2 agosto, alla città di Bologna e alle istituzioni colpite dalla violenza fascista, senza dimenticare i tanti cittadini che non si sono mai arresi e che ci hanno fatto sentire in questi anni la loro vicinanza”. Da una prima lettura delle oltre 1.700 pagine, proseguono i legali, “emerge l’esistenza di un’area grigia, non meno criminale, che ha consentito a terroristi neofascisti di attraversare l’Italia assassinando magistrati, uomini delle forze dell’ordine, cittadini inermi e 85 persone nella sala d’aspetto della stazione di Bologna, ferendone altre 216”. La lettura richiederà del tempo, “si può tuttavia già notare che la strage del 1980 non fu che la prosecuzione della strategia della tensione inaugurata nel 1969 in Italia e che non fu l’ultima tappa della violenza politica che continuò a funestare l’Italia”.

“Si deve necessariamente partire dalla constatazione – si legge ancora nelle motivazioni – della prova granitica della presenza di Bellini il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, poiché egli fu ripreso in alcuni fotogrammi di un filmato amatoriale girato dal turista Harald Polzer, che si riferiscono ad un momento di pochi minuti successivo alla deflagrazione”. Per la Corte “la predetta conclusione è autorizzata da un altro elemento, che è sopravvenuto nel corso dell’istruttoria dibattimentale e che era, invece, ancora incerto nella fase delle indagini preliminari, consistente nell’avvenuto riconoscimento dell’imputato in termini di certezza da parte di Maurizia Bonini (ex moglie di Paolo Bellini, ndr) all’udienza del 21 luglio 2021”. Secondo i giudici la deposizione di Maurizia Bonini segna infatti “due profili decisivi” di questo processo. “Da un lato la donna ha demolito l’alibi che all’epoca permise di scagionare Bellini, affermando che la mattina del 2 agosto 1980 questi arrivò a Rimini non alle 9, ma molto più tardi, verso l’ora di pranzo”. Dall’altro, appunto, Maurizia Bonini “ha riconosciuto l’ex marito nel filmato di Polzer, girato alla stazione di Bologna la mattina del 2 agosto 1980, mentre camminava sul binario 1, subito dopo l’esplosione”, avvenuta alle 10.25.