La battaglia della professoressa Olga Mariasofia D’Emilio è andata avanti per quasi 20 anni e alla fine, anche se lei non c'è più, la giustizia le ha dato pienamente ragione. A uccidere la docente di matematica e scienze, che tra il 1981 e il 1990 prestò servizio alle scuole medie Farini di Bologna, in zona Fossolo, sono state le esposizioni all'amianto presente all'epoca in quell'istituto e il ministero dell'Istruzione dovrà risarcire i supi figli. La Corte d'Appello di Bologna ha infatti respinto il ricorso del Miur contro la sentenza che lo condannava al pagamento di 930mila euro di risarcimento a favore dei figli della professoressa, morta il 21 febbraio 2017 a causa di un mesotelioma per l'esposizione all'amianto alle scuole 'Farini'. All'interno della struttura, spiega l'Osservatorio nazionale amianto, è stata dimostrata la presenza della fibra killer, in particolar modo nei laboratori di chimica e fisica, settori di cui la docente era responsabile e dove ha lavorato per più di 10 anni. A respirarla, "non c'era solo la docente, ma i suoi colleghi, e anche tantissimi ragazzi" prosegue l'osservatorio. Consapevole della sua esposizione, l'insegnante aveva ottenuto dall'Inail il riconoscimento di malattia professionale. Nel 2007, poi, aveva iniziato la procedura giudiziaria per ottenere il risarcimento danni ma, dopo la sua morte, sono stati i figli Silvana ed Andrea a portare avanti la battaglia, con il supporto dell'Osservatorio Nazionale Amianto, e infine a vincere la causa contro il ministero per non aver rimosso l'amianto dalla struttura.
Già in primo grado il tribunale aveva stabilito che la presenza di amianto all’interno dell’immobile era stata dimostrata, nelle tettoie, nelle palestre e negli inter-passaggi fra gli edifici scolastici. A supporto dell’esame dei testimoni era stata presentata anche una consulenza tecnica d’ufficio che accertava anche il nesso concausale con il mesotelioma di cui si era ammalata. Il ministero aveva fatto ricorso ma, ora, anche la Corte d’Appello ha confermato la condanna respingendo tutti i motivi di quel ricorso, in particolare quello con il quale sosteneva che l’amministrazione scolastica non sarebbe stata destinataria di obblighi prevenzionistici. “Questa seconda sentenza – ha commentato la figlia Silvana – è stata liberatoria. Mia madre mi diceva sempre che voleva giustizia, e in questi anni ho vissuto sentendo un dovere profondo nei suoi confronti, quello di non mollare. "