Un’avvocatessa, nascondendo tra i capelli due microcellulari con caricabatterie, ha cercato di superare uno dei varchi con metal detector per accedere al carcere della Dozza, a Bologna. Pare che la professionista avesse il proprio marito in carcere. A darne notizia, in una nota, è la vicesegretaria regionale del Sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria-Sinappe, Anna La Marca. “Lascia l’amaro in bocca sapere che una persona che conosce la legge e dovrebbe seguirla – ha spiegato la sindacalista – ponga in essere comportamenti che integrino ipotesi di reato. Vedremo quali saranno gli sviluppi del caso che lascia tutti basiti e senza parole”. Il Sinappe segnala inoltre che durante la settimana nel carcere sono stati rinvenuti dal personale altri telefoni cellulari.
