Il cugino di Natalia risponde di omicidio, aggravato da futili motivi di vicinato, ma anche sua moglie è indagata per la detenzione illegale delle armi e in particolare, riguardo il fucile usato per il delitto, al fine di far ottenere al marito l'impunità per l'omicidio.

E' quanto si legge nell'avviso di fine indagine con cui la Procura di Bologna ha chiuso l'inchiesta sulla morte di Natalia Chinni, la 72enne insegnante di inglese in pensione, uccisa il 29 ottobre dai pallettoni sparati da una fucile calibro 12, mentre stava riparando la recinzione della sua proprietà a Santa Maria Villiana di Gaggio Montano. A esplodere quei colpi, secondo l'accusa, sarebbe stato dunque il cugino Fabio Ferrari, anche lui 72enne. I due avevano già litigato in passato per questioni di confini e per l'abitudine dell'uomo di attirare cinghiali da cacciare, i loro rapporti erano da tempo deteriorati. Gravemente ferita, Natalia sarebbe riuscita a raggiungere la propria auto per prendere il cellulare, poi si è trascinata verso casa, ma ha perso i sensi prima di riuscire a chiedere aiuto. In serata era stata poi ritrovata senza vita dal figlio.

Il pm Antonello Gustapane, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, ha inviato l'avviso di fine indagine al cugino, che dallo scorso dicembre è ai domicviliari, per omicidio aggravato da futili motivi di vicinato. L'uomo è accusato pure di detenzione illegale di armi, reato di cui risponde ora anche la moglie, Loredana Bicocchi, in relazione al fucile, a diverse munizioni da caccia e a una pistola. Armi detenute in violazione del divieto disposto dal prefetto di Bologna, a dicembre 2020. Sempre secondo l'accusa, la moglie ne risponde, per il fucile, anche al fine di far conseguire al marito l'impunità per l'omicidio. Nel corso delle indagini è stata disposta dalla Procura una consulenza psichiatrica che ha concluso per la piena imputabilità di Ferrari, giudicato capace di intendere e di volere.