La famiglia di Biagio Carabellò, l'uomo scomparso nel 2015 alla Bolognina e i cui resti sono stati trovati a marzo 2021 in un canale al Parco Nord, rivolge un nuovo appello a chi potrebbe conoscere elementi utili per fare luce sul caso, ancora irrisolto. Attraverso l'avvocato Barbara Iannuccelli, i familiari ricordano che nel corso delle indagini una persona scrisse un post sui social in cui salutava l'amico. Sentita dai carabinieri, questa persona – spiega Iannuccelli – raccontò di aver visto caricare a forza Carabellò su un'auto. In seguito però ha detto anche forse era stato un sogno. "Vorremmo chiedere a queste persone di smettere di sognare e di venire a raccontare la verità -dice ancora il legale- Biagio ha fatto una brutta fine e non perché si è suicidato". Anche la sorella Susanna ha ribadito più volte che probabilmente nel quartiere c'è qualcuno che sa cosa gli è successo, ma finora non ha voluto parlare. 

Sulla vicenda la Procura di Bologna ha aperto un'inchiesta per omicidio, con due indagati a piede libero: L'avvocato Marco Sciascio, che assiste uno degli infagati, si dice "fiducioso e speranzoso per il corso della giustizia", certo dell'estraneità del suo assistito. A breve intanto saranno depositati gli esiti della consulenza medico-legale sui resti di Carabellò, affidata al perito Cristina Cattaneo e disposta con l'obiettivo di ricostruire le cause della morte. A quanto pare sarebbero emerse tracce di sostanze, come morfina e altri farmaci. Per l'avvocato Iannuccelli, "l'assunzione di metadone e psicofarmaci era fatto sotto prescrizione medica, per il quadro clinico di Biagio, fa parte della normalità e non è nulla di eccezionale." Il legale e i familiari si dicono convinti che Biagio non si sia tolto la vita.